“Se ho incontrato difficoltà a lavorare in una mega produzione americana come ‘Le cronache di Narnia’? Onestamente no, anzi, ho più difficoltà a lavorare in Italia, dove per prepararti a un ruolo devi contare solo su te stesso, mentre in America ti mettono in condizioni di fare qualsiasi cosa, anche combattere a cavallo con una spada che pesa in quintale, seguendoti passo passo”.
Questo è Pierfrancesco Favino, ospite ieri 23 Luglio al GFF. Tra i più apprezzati volti della nuova generazione di attori italiani, ha sottolineato, senza peli sulla lingua e nessuna vena polemica, le differenze, tra il cinema italiano e quello straniero.
“Il lavoro di ricerca e preparazione, in Italia, è in gran parte affidato alla libera iniziativa di noi attori. Fatico molto di più quando lavoro qui. Per le produzioni americane è prassi, invece, fornire le condizioni migliori per calarsi in un personaggio. Più è elaborata la preparazione e complesso il personaggio, più le produzioni sono attente ai minimi dettagli. È una forma di rispetto nei confronti del pubblico. In Italia, invece, ci si affida al talentaccio, all’improvvisazione e all’iniziativa personale”.
Favino, prima di incontrare i giurati, ha poi illustrato i numerosi progetti che renderanno il suo autunno “molto caldo”.
Lo vedremo in Italia in ben 700 sale ne “Le Cronache di Narnia: il Principe Caspian”, nel ruolo del generale Glozelle. Il film, presentato in anteprima al Giffoni Film Festival, è la seconda parte della saga di Narnia e vede ancora alla regia Andrew Adamson. “Lavorare con Castellitto, amico e modello sul set, è stata una bellissima avventura. Si tratta di un fantasy, genere a cui noi italiani siamo poco abituati”. Altra esperienza internazionale è quella nel film tratto dal romanzo di Dan Brown, “Angeli e Demoni” con Tom Hanks ancora protagonista nel ruolo di Robert Langdon, in lavorazione a Roma.
Ma non si tratta del primo progetto “americano” per l’attore romano, che lo scorso autunno ha lavorato in Toscana diretto da Spike Lee: “Miracolo a S. Anna è un film che avrà una forte risonanza emotiva. Nonostante interpretassi un capo partigiano, ho avuto modo di girare un film senza essere legato a schemi ideologici. L’ideologia frena la narrazione e ciò accade sempre più spesso in Italia”, ha commentato prima di raccontare al pubblico del GFF come si è preparato per il complesso “bio-pic” per la tv, da poco ultimato.
“In Pane e Libertà interpreto il ruolo di Giuseppe Di Vittorio, un contadino diventato presidente della Federazione Sindacale Mondiale nel 1953, simbolo di una politica che nasce dalle esperienze personali. Il suo esempio dovrebbe insegnare ai politici di oggi come agire in base alle esigenze della popolazione. Ai suoi tempi un cavallo era più importante di un uomo e non c’era nessuna tutela per i lavoratori, mentre per noi oggi è un diritto fondamentale. Mi auguro che le sue lotte sindacali, nate per la dignità dell’uomo, riescano ad aprire gli occhi alla classe dirigente”.
Non è la prima volta che Favino si confronta con la costruzione di un personaggio che richiede un lungo periodo di preparazione. Per “Bartali” si era sottoposto a duri allenamenti e ad una drastica dieta. “Per impersonare Di Vittorio – afferma Favino – mi sono basato su materiale fotografico fornito dalla figlia Baldina e su materiale video recuperato negli archivi dei sindacati.
In conclusione, Favino, stuzzicato dai giornalisti, nel commentare la grande popolarità raggiunta grazie alle produzioni americane, ha così ironizzato: “Siete voi giornalisti a dovervi chiedere come mai Favino, o chiunque altro, finisce in copertina solo quando lavora all’estero”.
Fonte: Giffoni Film Festival