IL FATTO. Il lungometraggio vincitore della tredicesima edizione del Milano Film Festival 2008 è il film è Ainda Orangutans del brasiliano Gustavo Spolidoro. Nella città di Porto Alegre si incrociano otto storie, lontane tra loro ma accomunate da un senso di irrealtà e di straniamento che da all’intero film un carattere surreale, Buñuel rivisitato in chiave metropolitana.
Un turista giapponese assiste alla morte improvvisa della fidanzata su un autobus, due lesbiche ingaggiano una lite con un Babbo Natale sui generis, due amanti, rapiti dal demone della passione, abbandonano ogni freno inibitorio lanciandosi in un vortice senza fine. Ciò che apparentemente rende estranee le otto storie, la loro genesi e la loro conclusione, si costruisce invece su ciò che le accomuna, una focalizzazione personalissima e concentrata rivelata dal lungo piano sequenza che fa di questo film un percorso ad ostacoli su un’unica linea rossa.
Gustavo Spolidoro è un cineasta brasiliano, anno 1972. Secondo alcuni, non più ascrivibile tra i giovani, secondo altri, quelli che “ …ho quarant’anni ma sono ancora un giovane uomo”, si. Quindi ciò che questa edizione del festival ci aveva promesso, più spazio ai giovani, è stato mantenuto. Il livello generale della manifestazione ha retto alla moltitudine, a volte confusa, dei vari eventi, le presenze sono state rassicuranti, il corollario musicale e festaiolo non ha deluso i giovani e giovanissimi fans del festival.
Questa ennesima conferma, non dovrebbe certo essere offuscata da un piccolo ed insignificante errore, sempre che questo non diventi, però, un marchio di fabbrica.
L’ERRORE. L’evento era importante ed atteso, non solo dagli appassionati o dagli addetti ai lavori ma anche dal pubblico, diremmo, di tutti i giorni. L’incontro con il regista Terry Gilliam, il Monty Python d’oltreoceano. Tutti aspettavano di carpire segreti, aneddoti, curiosità da uno dei più ecclettici e visionari registi che il nonsense ci abbia mai regalato. Ma ecco che uno degli organizzatori (?) chiede al pubblico di far svolgere l’intervista senza l’ausilio del traduttore, quindi tutta in inglese. La motivazione non è data sapersi.
Dove risiede quindi l’errore? Quali conseguenze ha? Quali le radici di tale scelta? Spero non sia l’inizio di una selezione naturale. Voglio pensare di poter coltivare la mia passione per i festival, per il cinema di qualità, per le belle manifestazioni, come quest’ultima a cui ho partecipato, senza dover presentare all’ingresso qualche attestato della British School of London. Sarebbe triste constatare che invece sia stata una mancanza di rispetto per tutti quelli che, per età, per estrazione sociale, per excursus studiorum non abbiano potuto approfondire la conoscenza della, peraltro splendida, lingua inglese. Il Sig. Gilliam avrebbe dovuto rifiutarsi? Forse si, ma era l’ospite d’onore. L’ideatore di tale scelta non avrebbe dovuto mai avere questa folgorante ispirazione? Sicuramente si.
Errore di gioventù, possiamo qualificarlo così. Se diamo tanto spazio ai giovani dobbiamo essere pronti a pagare qualche piccola e speriamo isolata conseguenza. Tutto rimandato, quindi, alla quattordicesima edizione del Milano Film Festival, sotto la buona stella della “Convivenza culturale”.
Articolo a cura di Luca Lupo