Il 5 dicembre esce nei cinema italiani, in 70 copie per la Medusa, un film co-prodotto ed interpretato da Maria Grazia Cucinotta dal titolo Io non ci casco.
L’attrice siciliana si è avventurata in questo nuovo ruolo da produttrice, convinta anche dal regista del film Pasquale Falcone della assoluta necessità di realizzare questo suo piccolo sogno. Aprire un nuovo discorso sul mondo giovanile, soprattutto quello post adolescenziale, troppe volte dimenticato, sottovalutato o peggio scimmiottato come nel caso dei film scamarciani tratti dai romanzi di Moccia.
La storia nasce intorno ad un avvenimento tragico, il protagonista diciassettenne resta vittima di un incidente motociclistico che lo costringe in un coma profondo ed irreversibile. Il suo letto d’ospedale diventa così il centro della vita dei suoi genitori, degli amici e dei compagni di scuola che con difficoltà e coraggio cercheranno di costruire una nuova vita, nuovi rapporti e nuove speranze.
I ragazzi visti da un’altro punto di vista, lontani dalle etichette e dagli stereotipi degli adulti che li vogliono troppo spesso, indifferenti, opportunisti, egoisti. Ormai lontano il tempo in cui la generazione degli invisibili passavano inosservati tra i problemi dei grandi: ora fanno sentire la loro voce a scuola, nelle piazze, sui nuovi e vecchi media.
Il regista ha dichiarato che se mai il progetto avesse visto la luce lo avrebbe fatto interpretare a veri liceali, per non incorrere nei meccanismi fin troppo conosciuti dagli attori professionisti. Il suo intento è stato quello di rendere il più naturale possibile e il più reale l’intreccio di sentimenti e passioni che i ragazzi di oggi nutrono e partoriscono, ancora lontani dalla gabbia conformista degli adulti. Dodici nuovi giovani talenti, i protagonisti del film, accompagnati in questo progetto dal famoso dj Coccoluto che rappresenta il trait d’union tra la generazione dei mms e quella dei telefoni a gettoni.
Gli altri protagonsti sono: Maurizio Casagrande, conosciuto per le collaborazioni con Vincenzo Salemme, Ornella Muti e Antonio Stornaiolo.
Articolo a cura di Luca Lupo