Tecnologia e modernità in un mix un pò diverso, forse meno eclatante ma non per questo poco affascinante. I guardiani del tempo è un film che fa parte di una nuova serie di lungometraggi, con uno stile leggermente differente non troppo spettacolare ma sempre legato alla fantascienza. Ricorda un pò gli anni Sessanta lascia pensare e costringe in qualche modo lo spettatore a porsi delle domande. Qui lo sceneggiatore George Nolfi che ricordiamo tra l’altro pure per Ocean’s Twelve e The Bourne Ultimatum – Il ritorno dello sciacallo si è avvicinato per la prima volta alla regia. Tutto parte dall’idea che sia possibile per qualche entità preoccuparsi del destino dell’umanità fino ad agire per indirizzare le azioni umane in modo migliore. Il protagonista della storia finisce per arrivare in una delle “operazioni” qui dette “de-energizzazioni” e più che essere distrutto viene invitato a presentarsi al “signore supremo”. Chissà perchè, lo scopriremo solo dopo.
Questa la trama del racconto che nel film viene ripresa con David Norris/Matt Damon, un impiegato di un’agenzia immobiliare e ambizioso in corsa per la carica di senatore dello Stato di New York. Mentre sta portando a termine il suo progetto di carriera, il protagonista ormai a tutto diritto un politico con tutto ciò che questo comporta, conosce la bellissima ballerina Elise Sellas ma proprio allora dei misterioris uomini cercheranno di dividere i due giovani che, via via, si vanno innamorando. Sembra che siano addirittura gli agenti del destino e in fondo nella nostra vita, a volte tutto ciò accade anche se non ci sono degli uomini in carne ed ossa a cambiare il corso dell’ esistenza del singolo per loro volontà quasi divina. Insomma, come prevedibile il nostro eroe dovrà decidere tra amore e carriera. Nel primo caso, però, la lotta sarà davvero all’ultimo sangue.
Un progetto che in molti hanno provato a portare sul grande schermo con i vari Minority Report, Paycheck, Next e Blade Runner. George Nolfi oggi ci ritenta con molto impegno anche con un esordio alla regia dopo aver scritto film di un certo spessore ma anche qualche lungometraggio meno noto.