Archiviato il Novara Film Festival, che si è tenuto dal 29 settembre al 4 ottobre, escono come dal cilindro magico mille piccoli motivi per ripensare in termini critici all’organizzazione, alla scelta dei cortometraggi, a ciò che servirà in futuro per trasformare questa manifestazione da piccola Cenerentola a Principessa del ballo. Sempre che questo sia l’obbiettivo degli organizzatori. 81 i cortometraggi in concorso, divisi in 5 sezioni: Scenari orizzontali, Altri territori, Laboratori, Panorama e L’ora di cinema per le scuole.
La rassegna “Trasmettere l’architettura”, una retrospettiva su Terrence Malick ( il regista di “La sottile linea rossa” e “Il nuovo mondo” e la visione di alcuni cortometraggi degli anni ’50 e ’60 di autori e registi di Novara in collaborazione con la Società Fotografica Novarese hanno completato il programma.
Sebbene la qualità di alcuni corti sia stata medio alta, purtroppo la tendenza generale è stata quella del “volemose bene”. Troppo buonismo nella scelta delle opere in concorso, poca attitudine alla sperimentazione, e alle nuove tendenze, sia narrative che tecnologiche.
Tra i vincitori il corto tedesco “Drei reisende” del regista Jan Thuring, favola dei buoni sentimenti con happy end finale, storia di pendolari con handicap e borseggiatori che, questa volta, non l’avranno vinta.
Ok, va bene il corretto politicamente, ma la tecnica e quella che è. Nella stessa sezione c’è stato il corto “La Lampara” del giovane Giovanni Sinopoli che almeno per la tessitura narrativa e il taglio fortemente teatrale avrebbe meritato di più.
Snobbato, troppo, a mio parere, un altro corto tedesco “ The family keeps it all” di Chris Caliman lento e devastante ritratto di famiglia imprigionata nella personale mancanza di dialogo e di frustrazione che solo la violenza silenziosa può produrre e condurre una apparente normalità verso la tragedia.
Fortunatamente il premio al montaggio ha salvato dall’oblio la bella performance, anche attoriale, del corto “Security” di Lars Henning e il premio under 30 quella de “Giganti” di Fabio Mollo, sanguigna storia del sud, tra adolescenti arrabbiati e disincantati e statue di Santi silenti e rassegnate.
Insomma i numeri, con il segno più, per una manifestazione in crescita ci sono tutti, ma ci sono anche quelli con il segno meno.
1) Ho dovuto guardare i films in concorso con un gruppo vociante di ragazzini delle superiori che non hanno dato tregua a noi poveri vecchietti che abbiamo ancora bisogno del silenzio per affrontare la sala buia del cinema. Consiglio: la presenza delle scolaresche alle proiezioni andrebbe menzionata nella programmazione per poterle debitamente evitare, o meglio andrebbero fatte delle proiezioni a parte.
2) Il comparto di sostegno al Festival è limitato. Consiglio: per assicurarsi maggior pubblico bisogna offrire tutta una serie di servizi e di attività correlate, sfruttando anche le capacità ricettive della città.
3) Maggiore attenzione alla programmazione dei corti e alla già citata scelta degli stessi, con più voglia di osare.
Tutto ciò finanziamenti permettendo, la spada di Damocle che pende sulle teste di tutte le organizzazioni che si fanno carico di queste lodevoli manifestazioni.
Ma la collaborazione con la Società Fotografica Novarese e la ricerca e la valorizzazione dei vecchi filmati, segna un punto a sua favore. Questo è un potenziale da sfruttare e da rendere maggiormente visibile.
Insomma se il fine ultimo è quello di far crescere questo Festival e renderlo competitivo a livello internazionale allora bisognerebbe pensare in grande e comportarsi da grandi. Le capacità non mancano.
Articolo a cura di Luca Lupo