A pochi giorni dall’inizio del Festival Internazionale di Cinema di Berlino alla sua 59esima edizione, il dato, per noi, più importante è l’assenza assoluta di film italiani sia in concorso che fuori concorso.
Se escludiamo la presenza di Ermanno Olmi e il suo documentario Terra madre nella sezione Berlinale special, dobbiamo accontentarci di essere raprresentati da Riccardo Scamarcio e Monica Bellucci, che non posso far altro che avvalorare la tesi del direttore della Mostra Dieter Kosslick.
Infatti, dopo le dichiarazioni del direttore della Berlinale, poco professionali e alquanto offensive all’indirizzo del cinema italiano, ne è nata una polemica con il Sottosegretario ai Beni Culturali Francesco Giro. Il politico italiano ha fatto notare la massiccia presenza di film di produzione tedesca in tutto il programma del festival, confermando la realtà lobbistica del cinema internazionale ed accusando il Festival di Venezia di non fare la stessa cosa. Il sottosegretario replica alle parole di Kosslick che avrebbe affermato. “Nessun italiano a Berlino perché ormai gli italiani fanno solo film culinari, con qualche rara eccezione tipo Gomorra“, riabilitando un termine coniato da Brecht per sottolineare il carattere noioso e pedante di alcuni spettacoli teatrali “kulinarisch”, buoni solo a far digerire, sostenendo che le 90 opere tedesche presentate in questo festival, potrebbero non essere tutte quante dei capolavori.
Al di là degli interessi economici, dei rapporti sotto banco, delle preferenze nazionalistiche, bisogna dire che il livello della Berlinale è sempre stato encomiabile, i film usciti vincitori sono sempre stati all’altezza di attenti cinefili e intellettuali del settore, alla stregua dei grandi festival da Cannes a Venezia. Ma è anche vero che i film italiani, pochi ma buoni, sono di questo livello, forse non quest’anno. Infatti in concorso ci sono sulla carta ottimi film e guarda caso su 18 pellciole ben 5 sono di produzione americana, molte le co-produzioni europee, scarsa la presenza anche dei film asiatici. Forse il Sottosegretaio, nelle sue dichiarazioni, ha voluto far emergere ciò che faceva comodo in quel momento, dimenticando che i Festival di cinema sono sempre ricchi di attività collaterali, legate spesso alla promozione di prodotti nazionali. Accade anche a Torino, Milano o Roma, nonchè a Venezia. Ma l’intenzione resta comprensibile.
Si attende con grande curiostià Cherì nuovo film di Stephen Frears che ritrova Michelle Pfeiffer vent’anni dopo Le relazioni pericolose. Ma le sorprese potrebbero arrivare soprattutto da Storm, il nuovo film del tedesco Hans-Christian Schmid, che già qualche anno fa aveva colpito il segno con il bel Requiem, dal polacco Tatarak del premio Oscar Andrzej Wajda e da Mammoth dello svedese, Lukas Moodysson che dieci anni fa, proprio a Berlino, si era fatto conoscere dal pubblico internazionale conquistando un Teddy Award con Fucking Amal. Senza contare la curiosità di vedere The Countess (opera seconda della regista/attrice Julie Delpy) o An Education (già passato al recentissimo Sundance, debutto alla sceneggiatura del popolare romanziere Nick Hornby), rispettivamente in Panorama e Berlinale Special.