Maria Sole Sanasi d’Arpe racconta il legame viscerale tra Luigi Comencini e il cinema. L’immagine del regista e dei suoi film la troviamo in un articolo pubblicato su cinquantamila.it, dal titolo “Il regista-fanciullo che faceva parlare le facce dei bambini”.
L’autobiografia di Luigi Comencini è stata pubblicata postuma nel libro “Davvero un bel mestiere!”, edito da Baldini & Castoldi, ed è da questo volume che parte il racconto. “Si parte dall’infanzia «delicata e gentile» – scrive Sanasi d’Arpe – per volere di una madre molto presente e a tratti oppressiva nel suo affetto”.
Il film Proibito rubare è “figlio del fervido clima culturale bolognese”. Luigi Comencini scopre casualmente la propria inclinazione sulle note di un can can di Offenbach guardando L’Atlantide, in compagnia di Lattuada, Monicelli, Risi, Lizzani, Pietrangeli.
“Si reca a Napoli – racconta Maria Sole – per girare il primo lungometraggio Bambini in città, tentando di «rompere quel muro di verità tradita, quel falso realismo che invadeva il cinema italiano, dalle risaie ai pescatori siciliani»; è apprezzato all’estero grazie all’unica cosa vera: le facce dei ragazzini che parlavano da sole, ma non vuol fare un cinema di denuncia, piuttosto concretizzare sullo schermo «un’irrealtà che sembra vera», come definisce Mario Soldati il suo film Persiane chiuse del 1950”.
Nell’articolo troviamo anche dei retroscena relativi ad alcuni film famosi e di successo. In Pane, amore e fantasia, Sanasi d’Arpe svela che la parola amore “fu aggiunta in ultimo, per scaramanzia”. E subito dopo comincia a prendere forma l’idea de La finestra sul Luna Park, “la storia di un bambino – afferma Sanasi – con un padre assente che se ne sceglie un altro, cui segue la telefonata di Andreotti e le modifiche impostegli da Monsignor Angelicchio. Realizza Tutti a casa, «un film che funziona» e subito dopo La ragazza di Bube con Claudia Cardinale, voluto da Comencini in maniera insolitamente ostinata rispetto all’indole dubbiosa, grazie all’analogia tra l’amore di Bube per Mara e quello con sua moglie Giulia”.
L’attenzione è sempre indirizzata al pubblico al quale egli si rivolge direttamente attraverso la cinepresa, con il fine di suscitare emozioni autentiche nello spettatore, quelle stesse emozioni da cui è ogni volta capace di attingere nuove idee.
Con Casanova Luigi Comencini ha più successo in Francia, che «lo considera un artista», in Italia invece è considerato «un artigiano con qualche sprazzo felice» ma soprattutto «il regista dei bambini».
Ecco un altro lungo elenco di film, uno dopo l’altro. Sanasi d’Arpe ricorda Delitto d’amore con Stefania Sandrelli, Lo scopone scientifico con Sordi e Silvana Mangano, La donna della domenica con Mastroianni. In Tv arriva Cuore, un adattamento al romanzo di De Amicis in sei puntate per la Rai.
“Non riesce a godere appieno – si legge nell’articolo – del suo successo nei due anni successivi, «soffre troppo senza cinema»: ritrova energia e passione con La storia del 1984, lugubre scorcio su San Lorenzo a Roma negli anni Quaranta, tratto dal romanzo di Elsa Morante”.
Eccolo a settant’anni insieme a Gian Maria Volonté a girare Il ragazzo di Calabria, è stato un successo per entrambi, come scrive Comencini nella sua autobiografia “Volonté aveva corso per tutto il film e io avevo resistito alla mia malattia”.
L’autobiografia del regista si chiude con un’intima intervista padre-figlia condotta da Cristina Comencini, anche lei regista di fama internazionale.
“La confidenziale tenerezza – scrive infine Maria Sole – che può permettersi toni tenui e al contempo aspri nelle domande rivoltegli, è soltanto quella che c’è tra padre e figlia, che fanno lo stesso mestiere, proprio un bel mestiere”.