Un ottimo rimedio contro la tristezza e la noia quotidiana? Il nuovo film di Mike Leigh, dal titolo La felicità porta fortuna in programmazione nelle sale da ieri 5 dicembre con l’anteprima nazionale al cinema Anteo di Milano.
Una ragazza, Poppy, vive allegramente la sua vita da single insieme alle amiche e alla sorella minore, convinta di poter essere capace di dispensare felicità alla gente con un sorriso e una parola dolce. Incontrerà sulla sua strada, istruttori di guida scorbutici, violenti e razzisti, alunni della sua scuola bulli malgrado loro, per problemi familiari, parenti insicuri e disillusi, che ne criticano le scelte personali, colleghe amareggiate dalla vita. Ma ogni volta confida nella capacità di tutti di poter trovare qualcosa di buono nella loro esistenza e lei sente di doverli aiutare in questo. Ma alle arriva in un incontro fortuito quello che potrebbe essere l’amore e in un momento di smarrimento le da la conferma di essere nel giusto.
Recensioni Film
Moretti for President
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Se un vincitore c’è stato, questi è Nanni Moretti. Taumaturgo di un Festival dai numeri locali, esploso in una cassa di risonanza nazionale. Invece il vincitore tecnico è Tony Manero di Pablo Larraín, sia come miglior film che come migliore interpretazione maschile dell’attore Alfredo Castro. Euro 10.000 al film Prince of Broadway… chiamali bruscolini.
I numeri di questo Festival: 7.837 biglietti venduti, 1.454 abbonamenti e 2.408 accrediti, di questi ben 1.174 solo di addetti ai lavori, a riprova che il Festival di Torino interessa soprattutto che fa il cinema e non solo chi lo “critica”.
Gianni Randolino, ex Presidente del Festival, ha parlato di Moretti come di “valore aggiunto” ad una manifestazione certamente importante per il territorio e per la volontà di coloro che sognano un cinema, non d’elité ma di qualità, accessibile ai più. Infatti la critica più intransigente ha sempre accusato dal Festival di trattare un cinema di nicchia, dimenticando che è nato per i giovani, per valorizzare il lavoro di autori per lo più sconosciuti o alle prime armi che in altri Festival vengono nascosti in corsie-dimenticatoio. Plauso invece a Torino che, da un pò di anni, sa e vuole guardare lontano.
Ma, come si dice, torniamo al cinema giocato.
Il vincitore è Tony Manero il film del regista Pablo Larraín ed interpretato dall’attore Alfredo Castro al suo secondo film con il regista cileno.
Sinossi: Santiago del Cile, 1978. Raúl Peralta, un uomo non più giovane, è ossessionato dall’idea di impersonare il protagonista di un recente film americano che sta spopolando nelle sale di un paese già da molti anni governato dal generale Augusto Pinochet. Si tratta del Tony Manero di Saturday Night Fever (1977), ovvero La febbre del sabato sera, il ballerino rubacuori impersonato sul grande schermo dall’attore italo-americano John Travolta. Raúl, assieme ad un piccolo gruppo di ballerini sul retro di uno scalcinato bar di periferia, praticamente ogni giorno, si esercita sui passi da discomusic del suo idolo. Quando un famoso programma televisivo, trasmesso sul canale nazionale, annuncia un concorso per trovare dei Tony Manero cileni il suo sogno sembra a portata di mano. Il febbrile tentativo di raggiungere la ribalta televisiva non si ferma praticamente davanti a niente e a nessuno. Contemporaneamente, i suoi compagni di ballo, coinvolti nell’opposizione clandestina al regime, vengono perseguitati dalla polizia politica.
Alla ricerca di Helen
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Quando ci si scopre disciolti nella propria unicità e non si riesce a trovare il capo della propria esistenza, un appiglio alla propria realtà, che possiamo riconoscere nella famiglia, nei geni, nell’ereditarietà, ci manca tutto: la coscienza, l’amore, l’attenzione e le passioni.
Civic life è il percorso che i due registi irlandesi, Christine Molloy e Joe Lawlor, hanno iniziato con nove cortometraggi per raccontare altrettanti comunità locali e il loro radicamento culturale e sociale che ha come sfondo l’Irlanda odierna. Questo lungo affresco ha trovato il suo epilogo nel lungometraggio Helen presentato in concorso alla 26esima edizione del Torino Film Festival. La storia racconta della scomparsa della diciottenne Joy, durante il ritorno da scuola, e le relative indagini della polizia locale. Con una tecnica di ricostruzione, la più realistica possibile, si cerca di seguire gli ultimi spostamenti della ragazzina, le persone che ha incontrato nelle ultime ore prima della scomparsa, grazie anche all’aiuto di alcuni compagni di scuola che interpretano i protagonisti di questa scura vicenda. Helen viene scelta come sosia di Joy grazie alla sua straordinaria somiglianza, negli atteggiamenti e nella fisionomia.
L’onda primordiale
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Una rinascita del totalitarismo è possibile anche in realtà democratiche fortemente connotate, che hanno alle spalle errori storici sulla sopravvalutazione del pericolo.
In questo Festival del Cinema a Torino, che il direttore artistico Nanni Moretti si è affrettato a definire un successo, siamo stati testimoni di come sia facilmente possibile reiventare una dittatura, fare in modo che un gruppo di persone, fortemente motivate (?), diano vita al prototipo di quello che può diventare un nuovo flagello dei diritti umani.
Tutto questo nel film tedesco in concorso Die Welle del giovane regista Dennis Gansel. Il film ha due padri diversi ma ugualmente importanti: il diario del professor Ron Jones, che descrive le vicende scaturite dal suo esperimento educativo nel liceo Cubberley di Palo Alto in California, nel 1967 e il libro di Morton Ruhe che ne ha reso pubblica la vicenda. Il film ne è la traduzione cinematografica del tutto aderente alla realtà storica.
Di mamma ce n’è una sola?
Ferragosto di ferie, di viaggi e di vacanze, ma non per loro. Queste quattro arzille vecchiette, alla soglie dei novanta, deluse probabilmente dal comportamento dei propri figli cercano in tutti i modi di trovare un luogo dove trascorrere questi giorni di solitudine ma anche un luogo dove sentirsi accettate, in un certo senso volute. Il pranzo di ferragosto è il momento migliore per parlare di questo problema che ormai si è radicato in ogni strato sociale, nessuno escluso. Una ad una arrivano in casa di Gianni, che vive ormai solo con una madre ingombrante ed iperprotettiva, nonostante l’età, la mamma e la zia dell’amministratore condominiale e la mamma del medico-amico di famiglia. Qui, in due giorni, monopolizzano la quotidianità del povero Gianni che dovrà, a malincuore, sottostare ai loro capricci di bambine un pò cresciute e alle loro continue richieste di attenzione. Il ferragosto è trascorso, il pranzo è stato piacevole, i dissapori contingenti si sono risolti e finalmente Gianni potrebbe riacquistare il suo tempo e la sua casa, ma le quattro ospiti hanno bisogno di lui, di unire le loro rispettive solitudini, di prolungare quanto più è possibile questo tempo di allegria e di diletto.
Nuvole nuove sul Belgio
L’unica strada percorribile è quella della condivisione. Yvan decide di condividere con il suo occasionale ladro d’appartamento un momento importante della sua vita. Scopertolo in casa a cercare delle monete, come ogni bravo tossico, o ex tossico, come si definisce Elie, decide di non denunciarlo, decide di capire, fino in fondo, cosa lo abbia spinto ad introdursi in casa sua per rubare e perché in quello sguardo, tra lo smarrito e lo svaporato, cerchi un pò di se stesso, una conferma o forse un perdono. Certo la coppia riprende uno schema già fin troppo abusato nella storia dei road movie, il bello e il brutto, il buono e il cattivo, l’inseguitore e il seguito, il magro e il grasso. E se qualche volta si perde il controllo delle proprie azioni, se nella vita dell’altro ci si perde, questa volta no, il finale non è così scontato e previsto.